giovedì 31 agosto 2017

Immagini e animazioni per raccontare la Chimica (I)



Dopo la "Storia della Chimica a fumetti" (opera anni '80 di Ghigliano - Novelli per i tipi di Milano Libri Edizioni) e le "Brutte scienze" di Nick Arnold con la "Caotica chimica" (ed. Salani: sotto, l'immagine di copertina), mi sono imbattuto stamani in un vecchio cartone animato che ha per protagonista Lavoisier, inserito in una serie dedicata ai grandi della scienza: "invenzioni e inventori".


La grafica ricorda i personaggi che Albert Barillé ha disegnato per "Esplorando il corpo umano", e anche le musiche. La sceneggiatura riprende, riadattandoli, alcuni aspetti della vita del chimico francese: gli studi sull'illuminazione pubblica, sulla combustione, sulla polvere da sparo, etc.


Mi piacerebbe sfogliare invece un libro, che non sono stato capace di trovare in versione italiana, dedicato sempre alla chimica da Ann Newmark e pubblicato nella collana Eyewitness Book da Dorling Kindersley.


Mi colpiscono le immagini, molto d'impatto (chissà perché la collana si chiama eyewitness, testimone oculare):


Belle anche le pagine dedicate a Lavoisier, da me riscoperte in questi giorni nei quali sto preparando il ciclo di lezioni divulgative per l'Università degli Adulti Anziani di Belluno:


martedì 29 agosto 2017

Pathways...


Sta per iniziare un nuovo anno scolastico e prima di andare in classe è meglio rivedere qualche argomento: rimango sempre affascinato dalla biochimica e dal ruolo degli enzimi

Ora, nell'affrontare questi argomenti, accanto all'enciclopedico Lehninger con i suoi "principi di biochimica", al Katzung e alla sua "farmacologia generale e clinica" e ad altri testi, trovo sempre utile avere con me degli schemi riassuntivi.

Quello che vedete nella figura sovrastante non è un quadro astratto e nemmeno la mappa di una metropoli: le linee rappresentano le vie metaboliche, ossia la successione delle trasformazioni che subiscono gli alimenti all'interno dell'organismo per ottenere energia (sotto forma di ATP) e per sintetizzare le molecole necessarie alla vita. 

Quella rappresentazione è stata pubblicata dalla Roche; in internet se ne trovano di analoghe, edite da altri (es. Sigma - Aldrich).


Buono studio a tutti e buon inizio anno scolastico!


lunedì 21 agosto 2017

La recensione di oggi...


Pubblico qui sotto la recensione dell'ultimo libro da me scritto, comparsa oggi sul Gazzettino di Belluno a firma di Daniele Collavino - che ringrazio per il bel articolo. Clikkate per ingrandire e buona lettura!


PS: trovate una recensione del libro anche QUI, sul sito nazionale dell'Aics. 

mercoledì 16 agosto 2017

120 anni di "acetilazioni speciali" ...

La storia dell’acido acetilsalicilico comincia nel 1853, quando il chimico francese Charles Frederic Gerhardt registrò il brevetto nel suo paese per la reazione dell’acido salicilico con il cloruro di acetile.

Il composto fu “re-inventato” dal tedesco Felix Hoffmann (allievo di Adolf von Baeyer) il 10 agosto 1897: egli lavorava presso i laboratori della Bayer, industria che produceva coloranti. 


Utilizzando il laboratorio dello stabilimento di Leverkusen, egli cercava il modo di trattare l’acido salicilico, assunto dal padre come antidolorifico, al fine di renderlo meno irritante per la mucosa gastrica. Ci riuscì facendo reagire l’acido salicilico con anidride acetica. 

Il 21 agosto 1897 ripeté la medesima reazione sulla morfina, ottenendo la diacetilmorfina, un antidolorifico ancora più potente che la Bayer commercerà con il nome di “eroina”.


Anche l’acido acetilsalicilico fu commerciato dalla Bayer, a partire dal 1899, con il nome di aspirina: “a” sta per “acetil”, “spir” sta per “spirea” (un genere di piante ricco di acido salicilico, un tempo coltivato nei giardini delle case contadine anche per i grappoli di fiorellini bianchi, tanto gradevoli alla vista) e “ina” era la desinenza data ai farmaci.

Il cespuglio di spirea nel mio giardino, coperto di brina.

L’acido salicilico deve il suo nome al fatto che si trova nella corteccia del salice: già Ippocrate aveva osservato i cervi strisciare le corna ferite - dopo le battaglie amorose - su quest’albero. Fu necessario attendere tuttavia i progressi della chimica nel XIX secolo per avere a disposizione la sostanza pura, ricavata da Leroux e da Piria (il chimico che gli diede il nome attuale).


Industrialmente, l’acido salicilico si ottiene per reazione del fenolo con anidride carbonica, sotto pressione e in ambiente alcalino: la sintesi fu perfezionata da Kolbe nel 1859. L’acido salicilico è poi trattato con anidride acetica per ottenere acido acetilsalicilico e acido acetico.

Esiste una disputa sul nome dell’ideatore di questo processo. Nel 1949, Arthur Eichengrun, direttore del laboratorio dove lavorava Hoffmann, pubblicò un articolo in cui sosteneva di essere colui che aveva pianificato e diretto la sintesi e di essere il responsabile dei primi test clinici. Infine dichiarò che il ruolo di Hoffmann sarebbe stato ristretto all'iniziale sintesi di laboratorio, basandosi sul progetto da lui ideato.


La versione di Eichengrün fu ignorata dagli storici e dai chimici fino al 1999, quando Walter Sneader, del Dipartimento di Scienze Farmaceutiche della Università di Strathclyde a Glasgow, esaminò il caso, arrivando alla conclusione che ad Eichengrün andasse il merito della scoperta. La Bayer riconfermò la paternità della scoperta ad Hoffmann.

Perché l'aspirina "funziona"? Fu scoperto in tempi assai recenti dal chimico londinese John Vane, che per questo vinse il premio Nobel per la medicina nel 1982. Questa molecola blocca la produzione di prostaglandine e trombossani inibendo le ciclossigenasi (COX), due enzimi coinvolti nel metabolismo dell'acido arachidonico.

martedì 8 agosto 2017

Arcobaleno... elettrico!


Uno scatto buono (forse) per far pubblicità all'ENEL !!!

Cadola di Ponte nelle Alpi, 6 agosto 2017


domenica 6 agosto 2017

Ludwigshafen in cartolina...

Ludwighafen am Rhein è oggi una delle più importanti città industriali del mondo, sede della BASF, nota multinazionale della chimica.

Questo insediamento urbano nacque nel 1843 per iniziativa di Ludwig I di Baviera - il sovrano al quale dobbiamo l'Oktoberfest, festeggiata per la prima volta in occasione delle sue nozze. 

Il nome della città, che significa "porto di Ludwig", evidenzia da un lato l'importanza strategica (poi accresciuta con l'intensificarsi dei commerci lungo il Reno e con la realizzazione di una fitta rete di strade e ferrovie) e dall'altra ricorda il nome del fondatore - da non confondere con quello di Ludwig II, il costruttore dei fiabeschi castelli e del teatro di Bayreuth.

Nel 1848 la città fu devastata dai moti rivoluzionari e rimase un villaggio di pescatori fino al 1865, quando si insediò la BASF. Da allora il volto della città mutò. Sede dei più importanti complessi chimici della Germania (ove nacquero i primi impianti per la sintesi catalitica dell'acido solforico, dell'acido nitrico, dell'indaco, dell'ammoniaca, del metanolo, dello stirene, di molte materie plastiche, etc), fu bombardata durante la Prima Guerra Mondiale; nel 1921 il sobborgo di Oppau fu teatro di uno spaventoso incidente (l'esplosione di un deposito di nitrato di ammonio rase al suolo lo stabilimento e il botto fu udito a Monaco di Baviera). 

Rasa al suolo durante la Seconda Guerra Mondiale, Ludwigshafen è stata ricostruita secondo gusti estetici in vigore negli anni Cinquanta e Sessanta. Anche gli stabilimenti industriali hanno conosciuto una modernizzazione: dalla lavorazione del carbone fossile si è passati alla raffinazione del petrolio, alla produzione di materie plastiche e di innumerevoli altri composti.

Una serie di cartoline d'epoca mostra la skyline con il Reno e le ciminiere dai neri fumi catramosi: non che la situazione "ambientale" sia ideale anche oggi... ma quei fumi avevano un fascino forse degno di un romanzo distopico di Verne (a me personalmente evoca certe descrizioni degne de "i 500 milioni della vecchia Begùm").







giovedì 3 agosto 2017

DOBEREINER, CHI ERA COSTUI ?


Johann Wolfgang Dobereiner fu un celebre chimico tedesco, nato il 13 dicembre 1780 a  Bug bei Hof, in Baviera.

Figlio di un cocchiere, Döbereiner ebbe poche opportunità di istruzione formale; egli fu apprendista di un farmacista, lesse molto, e assistette a lezioni di scienze naturali.

Nel 1810 diventò docente presso l'Università di Jena, ove rimase fino alla morte, avvenuta il 24 marzo 1849.

Notevoli furono i suoi lavori in chimica quantitativa: stabilì i pesi equivalenti di molti elementi (zinco, manganese, nichel, ecc.) e fu tra i precursori dell'uso dei metodi elettrogravimetrici nelle determinazioni analitiche.

Durante le sue ricerche, a partire dal 1817, Döbereiner scoprì degli andamenti ricorrenti in alcune proprietà di gruppi selezionati di elementi. Tali andamenti osservati lo condussero alla formulazione della legge delle triadi (triadi di Dobereiner), uno dei primi tentativi moderni di classificazione chimica - tentativo ripreso poi da Mendeleev e da altri autori.

(clikkate per ingrandire)

Secondo questa legge gli elementi chimicamente simili sono raggruppati in gruppi di tre (per es., zolfo, selenio, tellurio) e il peso equivalente di uno dei tre risulta uguale alla media aritmetica degli altri due. Dobereiner considerava i pesi equivalenti, ma simili considerazioni possono essere formulate tenendo conto della densità oppure del numero atomico.

Fu attivo anche nel campo della chimica organica in cui scoprì la composizione dell'acido ossalico e isolò il furfurolo.


Compì importanti studî pionieristici di catalisi; in particolare, le ricerche sull'azione catalitica del platino nelle reazioni tra gas (l’osservazione più importante porta la data del 3 agosto 1823 e concerne l’accensione spontanea di una miscela di idrogeno e ossigeno assorbiti sul platino) lo portarono, tra l'altro, alla ideazione della lampada che porta il suo nome. 


Fu autorevole e battagliero fautore dell'insegnamento della chimica sperimentale: le sue lezioni erano seguite assiduamente dall’amico Goethe, che si ispirò alla teoria delle affinità per redigere il celebre romanzo “Le affinità elettive”.