sabato 19 dicembre 2015

ZOLFO, IERI E OGGI

Lo zolfo è un elemento indispensabile per l'industria chimica: è necessario per la fabbricazione dell'acido solforico (il suo composto più importante, dagli usi innumerevoli) e dei suoi derivati (i solfati, un tempo chiamati vetrioli); si usa nella vulcanizzazione della gomma, nella fabbricazione di fiammiferi, di agrofarmaci, di detergenti, di pigmenti e di coloranti. 

Zolfo indonesiano, omaggio al blogger del dott. Nicola Pinton
Un tempo (e in parte ancora oggi in luoghi sperduti, come alle pendici del vulcano Kawa Jien in Indonesia) era estratto dalle miniere: famose erano quelle siciliane, che esportavano il minerale estratto e raffinato in tutta Europa. Le spaventose condizioni di lavoro degli addetti sono state descritte da più autori. Riporto a titolo di esempio un brano di Luigi Pirandello, che all'argomento ha dedicato diverse pagine.

Appena i zolfatari venivan su dal fondo della «buca» col fiato ai denti e le ossa rotte dalla fatica, la prima cosa che cercavano con gli occhi era quel verde là della collina lontana, che chiudeva a ponente l'ampia vallata.

Qua, le coste aride, livide di tufi arsicci, non avevano più da tempo un filo d'erba, sforacchiate dalle zolfare come da tanti enormi formicaj e bruciate tutte dal fumo.

Sul verde di quella collina, gli occhi infiammati, offesi dalla luce dopo tante ore di tenebra laggiù, si riposavano.

A chi attendeva a riempire di minerale grezzo i forni o i «calcheroni», a chi vigilava alla fusione dello zolfo, o s'affaccendava sotto i forni stessi a ricevere dentro ai giornelli che servivan da forme lo zolfo bruciato che vi colava lento come una densa morchia nerastra, la vista di tutto quel verde lontano alleviava anche la pena del respiro, l'agra oppressura del fumo che s'aggrappava alla gola, fino a promuovere gli spasimi più crudeli e le rabbie dell'asfissia.

I carusi, buttando giù il carico dalle spalle peste e scorticate, seduti su i sacchi, per rifiatare un po' all'aria, tutti imbrattati dai cretosi acquitrini lungo le gallerie o lungo la lubrica scala a gradino rotto della «buca», grattandosi la testa e guardando a quella collina attraverso il vitreo fiato sulfureo che tremolava al sole vaporando dai «calcheroni» accesi o dai forni, pensavano alla vita di campagna, vita lieta per loro, senza rischi, senza gravi stenti là all'aperto, sotto il sole, e invidiavano i contadini. - Beati loro!

Per tutti, infine, era come un paese di sogno quella collina lontana. Di là veniva l'olio alle loro lucerne che a mala pena rompevano il crudo tenebrore della zolfara; di là il pane, quel pane solido e nero che li teneva in piedi per tutta la giornata, alla fatica bestiale; di là il vino, l'unico loro bene, la sera, il vino che dava loro il coraggio, la forza di durare a quella vita maledetta, se pur vita si poteva chiamare: parevano, sottoterra, tanti morti affaccendati [...].


(Luigi Pirandello, Il fumo – da Novelle per un anno)

R. Guttuso, Zolfatari, Museo Rimoldi (Cortina d'Ampezzo, BL)
Oggi lo zolfo si ricava principalmente dalla lavorazione del petrolio, tramite il processo di idrodesolforazione.

Nel greggio, lo zolfo si trova come tale (è solubile negli idrocarburi), sottoforma di acido solfidrico, di mercaptani e di solfuri, di tiofene e di altri composti. Va eliminato perché corrode gli impianti dove si lavorano il greggio e le sue frazioni ma anche gli apparecchi che impiegano le frazioni petrolifere, siano essi i motori dei veicoli piuttosto che le caldaie o i bruciatori.

Lo zolfo inoltre avvelena i catalizzatori usati nei processi di conversione, inibendone l'azione: ecco perché ciascun taglio petrolifero, una volta ottenuto per distillazione frazionata dal greggio, è sottoposto a hydro-treating.

Trattando con idrogeno le miscele contenenti composti solforati, si formano idrocarburi e acido solfidrico:
H2 + R-SH -> H2S + RH

Il trattamento si effettua a temperature variabili dai 200 ai 450°C (dipende dal tipo di prodotto da trattare), ad elevate pressioni di idrogeno e utilizzando come catalizzatori ossidi di cobalto e molibdeno supportati su allumina.

L'acido solfidrico che si ottiene è fissato mediante un lavaggio alcalino: all'uopo si utilizzano soluzioni basiche - di NaOH oppure etanolammine.

Raffineria ENI, (Porto Marghera, VE), foto originale del blogger
In fasi successive, dall'acido solfidrico è possibile recuperare zolfo elementare (processo Claus) e sintetizzare acido solforico - con il metodo per contatto.

Un tempo invece, l’acido solforico si produceva con il metodo delle camere di piombo e il materiale di partenza erano piriti (solfuri di ferro e/o di rame), arrostite in opportuni forni per formare l'anidride solforosa, ossidata ad anidride solforica dai vapori nitrosi che circolavano entro enormi stanze foderate internamente di piombo (materiale che non subisce l'azione corrosiva dell'acido).

Oltre il 70% dell'acido solforico prodotto è destinato all'industria del superfosfato minerale, importantissimo fertilizzante, impiegato per dare fosforo al terreno agricolo.

NB: tutto questo sarà oggetto della conferenza che terrò lunedì 21 dicembre (inizio ore 15.00) all'AUSER di Ponte nelle Alpi, che ringrazio per l'ospitalità e l'opportunità.

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